Nel cantiere della Cuccagna

, 3 settembre 2010

Passeggiare nel cantiere di cascina Cuccagna è un esercizio di storia e di fantasia: serve proiettarsi con un occhio al passato – quello che ha segnato gli affreschi pastello, le travi, i pavimenti in cotto lombardo – e uno al futuro. Teorie e pratiche, qui, si stanno fondendo per ridare alla città uno dei suoi complessi agricoli più antichi, sito alle spalle di porta Romana dal 1695.

L’aspettativa è di inaugurare la rinata cascina (il cui nome esatto è cascina Del Torchio: Cuccagna fu assorbito da una vicina struttura con cui i milanesi battezzarono l’intera zona), a inizio 2011.

Caschetto giallo in testa, ad accompagnarmi nel giro esplorativo c’è Paolo, uno dei volontari del cantiere, cresciuto nel quartiere a ridosso di piazzale Lodi. La sua testimonianza è d’interesse specialmente perché lui, da ragazzino, alla cascina veniva spesso. Abitata fino 1991, “era un rifugio – spiega – dove andare per ridipingersi la Vespa o conoscere le storie di chi, viaggiatore, lì passava”. Un luogo di sottile confine.

Lo stato dei lavori fa immaginare che il conto alla rovescia per l’inaugurazione ufficiale vada allungato di qualche zero rispetto alle previsioni, a meno forse che il progetto non riceva un supporto dal piano restauro cascine che dovrebbe partire grazie ai finanziamenti Expo 2015 e in cui cascina Cuccagna non è attualmente contemplata.

Il complesso, di oltre duemila metri quadrati coperti, è stato per secoli gestito dalla confraternita dei frati Fatebenefratelli, che lo sfruttava nella coltura di erbe medicinali, per poi passare nelle mani di una nota famiglia di bottegai milanesi, i Galli, nei primi decenni del Novecento.

Oggi la cascina è accerchiata da strutture residenziali e commerciali, che contribuiscono a farne un luogo diverso e apparentemente alieno. In verità, la zona tutta aveva una vocazione agricola che ha fornito le basi architettoniche, economiche e culturali al quartiere che conosciamo. Le ultime attività agricole che si ricordino risalgono agli anni Cinquanta. Prima, in viale Umbria si sellavano i cavalli e le vicine cascine Graffignana (presente quella casa bassa, dalla faccia stonata, che si vede buttando lo sguardo a sinistra del supermarket Esselunga di viale Umbria?) e Boffalora fungevano da fienili. Molte di queste cascine erano collegate da rogge d’acqua che avevano un punto di sfogo a Porto di Mare, prima che la politica di Mussolini decidesse diversamente, cancellando l’impianto idrico ottocentesco della città.

L’attuale struttura a lettera “E” della cascina risente di svariati maneggi: degli anni Trenta l’ultimo importante, che ha aggiunto un nuovo corpo magazzino. La cascina è divisa in due braccia principali, distinte fisicamente, riflessi di destinazioni di classe diverse: la parte meglio conservata fungeva da spazio abitativo aristocratico. Nella struttura hanno trovato posto nel corso del tempo centinaia di persone, anche se gli affittuari principali sono stati, durante il secolo scorso, soprattutto tre. Dice molto della natura del centro agricolo la storia recente della presenza, in loco, della popolazione eritrea in arrivo a Milano: la comunità qui sostava di passaggio o in attesa di altra sistemazione, dopo la fuga dalla dittatura militare. Si trattava di una comunità nella comunità.

La cascina è divenuta infine proprietà del comune di Milano nel 1984.

Da quasi due anni un comitato di cittadini e associazioni ha deciso di recuperare la cascina, coinvolgendo gli abitanti di Milano e le istituzioni nella corsa alla raccolta di finanziamenti. Per ora le donazioni hanno coperto poco più di metà delle spese. Da ciò che ho potuto vedere sono stati recuperati pannelli e travi del tetto di legno, rafforzato o riparato ex novo, stabilizzate pareti e intonaci, ridato vita alle imposte dei piani superiori, sgomberati gli spazi esterni sottostanti, come il suggestivo magazzino che serviva da deposito per il mercato Verzieri.

Il progetto prevede di adibire gli spazi sottostanti a bottega agricola, fornendo un luogo di mercato a chilometro zero, e di sfruttare quelli superiori per le associazioni attive a Milano e nel quartiere.

Tutto intorno, già ora, un orto urbano, che è anche un giardino dove il cantiere ha il suo fulcro umano e teorico, con laboratori, momenti conviviali e mercatini di prodotti locali. Questi ultimi sono proprio appena ricominciati, ogni martedì dalle 15.30 alle 20.30. Fateci un salto.