In vista delle prossime elezioni

“A questa città serve il racconto”. Nichi Vendola a Milano per Pisapia: 5 punti del suo discorso

, 7 novembre 2010
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“Giuliano, dimmi la prima frase”.

È cominciato con un ricordo affettuoso di Giuliano Pisapia per Nichi Vendola l’incontro di ieri sera al teatro Dal Verme fra il candidato alle primarie del centro sinistra milanese e il leader della nuova Puglia.

Erano, quelli, i tempi in cui i due condividevano i banchi in Parlamento, e la discrezione dell’odierno leader di “Sinistra e Libertà” aveva bisogno di un piccolo incoraggiamento iniziale, per spargere al microfono parole e idee.

Oggi Nichi Vendola è un sognatore sul tetto della politica italiana.

La discrezione, la cura nel suo modo di porsi c’è sempre, ma quella sorta di timidezza è diventata uno strumento di comunicazione accessibile, potente ed emozionante. Ieri sera – a fianco Pisapia e un accesissimo Gad Lerner – ha conquistato la sinistra milanese (“Left Pride”, l’ha giustamente chiamato Mario Portanova oggi sul “Fatto Quotidiano”): circa duemila persone si sono assiepate dentro al teatro (con code cominciate intorno alle 18, fra lo stupore dichiarato dagli organizzatori), e almeno altre mille o più sono rimaste fuori, tutte lì ad aspettare, soprattutto, le sue parole. Parole che narrano “situazioni di cambiamento”, citando Pisapia.

 

Quello che Milano ha smarrito, secondo Nichi Vendola, è “il suo racconto”, in particolare il “racconto sociale. Percepita da sempre, dai pugliesi, come “laboratorio di modernità, modernità che era efficenza e accoglienza”, la città si è poi trasformata, nei vent’anni di amministrazione a destra: “Ho visto Milano progressivamente rintanarsi – ha spiegato – l’ho vista spezzarsi con barriere sociali, culturali e architettoniche, che si sono intrecciate e l’hanno resa una città con troppe periferie non comunicanti e discariche sociali”. E ancora, ha denunciato una crescente inefficienza: “Se avessimo combinato noi al Sud un pasticcio come quello dell’Expo, ci avrebbero crocifisso”.

 

Secondo Vendola occorre ripristinare una visione, democratica, solidale e riformista, che nel passato ha dimostrato di far parte del dna milanese. L’amico candidato è l’uomo giusto: “Quella di Pisapia è una storia limpida. Lui non ha bisogno di inventare un pedigree elettorale”. E la sinistra milanese, ieri sera, sembrava tutta d’accordo con lui, premiato con più di una standing ovation. La sfida con l’architetto Stefano Boeri è più che mai aperta.

Ho scelto cinque brevi spunti, estrapolati e riassunti dal discorso di Nichi Vendola (che potete rivedere integralmente online), da condividere qui; cinque appunti che io per primo ho racchiuso nella memoria.

1) L’ELEGANZA DEL LINGUAGGIO

“Al posto della cultura della semplificazione bisogna ricostruire l’eleganza del linguaggio, contro un plebeismo piccolo borghese che segna il nostro vocabolario”

2) LA PAROLA LIBERTA’

“La sconfitta della sinistra non è elettorale, è culturale: Berlusconi si è inserito nell’Italia di mucillagine, lui ha vinto nel disconnettere la parola libertà dal sapere e dal lavoro, facendoci balenare un’idea di libertà che vive tutta nei circoli commerciali”

3) L’EPIFANIA DELL’OMBELICO

“Abbiamo perso anche sul piano onirico: i sogni e gli incubi sono mutati. I sogni di oggi sono dentro un circuito di epifania dell’ombelico. Ruby, lo dico con dolore, è una dissipazione di umanità”

4) SINISTRA SENZA AGGETTIVI

“Voglio essere rappresentante di una sinistra senza aggettivi. Sinistra. E punto”.

5) AMARE LE CITTA’

“Ho conservato una modalità di amare le città che è molto infantile: provo delle nostalgie struggenti per le città del mondo che amo. Desiderei tornare a Milano e riprovare lo stesso batticuore che ho provato quando avevo dieci anni”.

A me il batticuore, da milanese adottato, questa città non ha mai smesso di darlo, nonostante tutto. Chissà che non possa stupirmi ancora di più, nel prossimo futuro.