Nei depositi Atm di Milano

Il tram che ha fatto storia (San Francisco può attendere…)

, 26 dicembre 2010

Pochi giorni fa due amici che ho conosciuto in Sudafrica sono venuti a Milano a trovarmi. Per loro, qui, tante prime volte: la neve, la pizza napoletana (c’è, in via Anzani) e… il tram.

Qualcuno non ci farà neanche più caso. Ma per chi, da fuori, mette gli occhi su Milano, la città diventa memorabile anche per i suoi “1928”, i più suggestivi tram ATM, quelli che San Francisco – forse più capace di noi nel promuoversi – ha reso veri e propri simboli delle sue strade. In effetti ho dovuto persino spiegare loro che – sì – il tram su cui viaggiavamo era tutto autoctono e che era San Francisco ad usare i mezzi milanesi, come in un copia-incolla.

E, per altro, lo sapete che anche in Centro America e in Afghanistan vengono riusati pezzi della flotta ATM? Gli Euro 2, per la precisione. Fra tutti, però, il mito dei “1928”, conosciuti anche come “Carrelli”, rimane insuperato.

Siamo sinceri: saranno anche gelidi d’inverno, rumorosi e bruschi nelle curve (reggersi, mi raccomando), ma sono di un bello romantico; con quei piccoli lampadari a coppa in fila sul tetto, le listarelle di legno scuro e tutti i particolari di un’epoca passata (“Non sputare dal finestrino”, dice una targhetta). Mi capita spesso di prendere la linea 12 che assieme almeno alla 23 e, fino a qualche settimana fa, alla 29/30, usa ancora il vecchio tram arancione, specialmente di sera. Quando lo vedo sbuffare verso la mia fermata, mi vien da sorridere. Avessi un cappello, abbozzerei all’autista uno sventolante cenno borghese, da lontano, come una volta.

La gloria dei “1928” era nata subito, a ridosso della loro messa in servizio, nel 1929 (quasi un secolo fa). In due anni i “1928” si moltiplicarono di cinquecento unità, trasformandosi in attori del panorama milanese. I bombardamenti del 1943 danneggiarono solo uno di questi esemplari e il risultato contribuì a rafforzarne fama e longevità. D’altronde fin dal loro esordio a fine Ottocento i tram avevano conquistato posto nel cuore dei milanesi: piazza Duomo era proprio il punto di smistamento dei mezzi, grazie al suo “Carosello” di rotaie, da cui passavano i tram (e persino i cavalli, sino al 1893, anno del primo mezzo elettrico), affollatissimi. Con l’aggiunta di filobus (1933), autobus a gas (1939) e infine con la diffusione di corse in Circonvallazione Esterna, negli anni Cinquanta e Sessanta, il sistema dei trasporti pubblici milanesi assunse di fatto un ruolo istituzionale nel tessuto urbano.

Di recente ATM ha concesso per un paio di giorni la possibilità di visitare liberamente quattro dei suoi depositi (Molise, Messina, Teodosio, San Donato). Quello di viale Messina è il più spettacolare. Concepito dall’ingegnere Foscarini nel 1904, si tratta di un interessante esempio di architettura industriale milanese, luminoso e di respiro contemporaneo.

Qui è conservato il tram più vecchio di Milano restaurato, il tram Carminati e Torelli, del biennio 1922-1924. 75 posti, di un giallo pallido, con gli interni in legno, soffitto incluso, vetri satinati, tapparelle antisole e rifiniture ricercate. Mentre lo perlustravo, si è seduto accanto a me un signore che su quel tram aveva viaggiato da bimbo. Mi ha parlato del bigliettaio che vigilava dal suo spazio accanto ai passeggeri e di quando, di tanto in tanto, l’autista chiedeva a tutti i presenti in tram di scendere e dare una mano a spingere, quando le giunture facevano i capricci.

A chi cerca, Milano trova sempre modi originali di raccontarsi.

Altre foto dei depositi ATM di viale Molise e viale Messina sono qui.