Una settimana d’inverno a Parigi: dieci cose da fare

, 13 gennaio 2011

“Milano è una seconda Parigi”. Ha scritto queste parole, Oscar Wilde, in una lettera alla moglie durante uno dei suoi viaggi europei. Qualcuno arriccerà il sopracciglio, al paragone. C’è un secolo di cambiamenti (e di decadenza), nel mezzo. Ma l’occhio colto dello scrittore inglese ha fotografato qualcosa, secondo me, di reale. Una assonanza, fra le due città.

Sono stato a Parigi. Finalmente, dopo che ogni occasione precedente era sfumata lasciandomi solamente a immaginare la città (e a sbirciarla, al massimo, su Google Maps), l’ho vista e vissuta. E ho finito per comprendere meglio quell’impressione di Wilde, rubata a un Sellerio della mia libreria. Forse, ora, la correggerei così: “Milano è una piccola Parigi”.

Naturalmente bisognerebbe viverci molto più tempo, per vederne a fondo le ossa. Ma l’attitudine alla ricerca che mi sforzo di usare con Milano, ha trovato a Parigi canali di navigazione facili e, proprio per questo, belli da raccontare.

Partivo da qualche buon consiglio, come quelli di Sara Maternini e di Sara Porro, due blogger che, sull’argomento, hanno ben in mente cosa dire, e quelli di altri amici prodighi di idee, su Twitter e Friendfeed. Ma una settimana a Parigi significa, soprattutto, calibrare una propria personale bussola di orientamento. Pochi i punti di riferimento nella mia mappa, solo isolette urbane a cui girare attorno, per perlustrarne angoli e cortili. La stessa struttura degli arrondissment ricorda in verità quella di un cerchio che spezza lo specchio d’acqua di uno stagno, formando una spirale.

È naturale, a Parigi, lasciarsi intrattenere da ciò che si incontra. E allora, via. Quelli che seguiranno sono brevi appunti di viaggio. Scritti coi sensi spalancati. Cosa fare avendo una settimana d’inverno da passare a Parigi?

Ho scelto dieci cose (si mangia, soprattutto – siamo in Francia!).

Sbagliare gli ordini, a Le Bouillon Racine (3, Rue Racine)

Questo ristorante ha tutti i colori del liberty. Fatevi portare al piano superiore, dove la sala è un mosaico di specchi, ottoni e tempere verdi, beige, crema. La cucina è piuttosto tradizionale. Qui si va, in genere, sul sicuro, a patto che sappiate un po’ di francese, dato che i menù sono poco accessibili a un pubblico internazionale e i camerieri non esattamente dei grandi comunicatori. Se scegliete il plat du jour non fate il mio errore: chiedete bene di cosa si tratta (le mie erano trippe alla francese e io, poi, non ce l’ho fatta, mi son consolato col purè). In sintesi: rifatevi gli occhi, ma solo dopo aver ordinato.

Contare le ossa della santa, a Saint Séverin (3, rue des Prêtres Saint-Séverin)

A tre passi da Notre Dame, lasciandosi la cattedrale sulla sinistra e percorrendo Rue des Pretres Saint-Séverin, si incrocia la chiesa di Saint Séverin. Si fa notare meno di quanto dovrebbe, a causa dell’ingombrante vicina. A suo tempo, questa, era la chiesa preferita dagli studenti universitari de La Sorbonne. Un intero romanzo storico potrebbe essere ambientato dentro questo piccolo gioiello, tanto è antico e misterioso. Le vetrate sono pennellate di colore. A sbirciare le cappelle lungo il perimetro della chiesa, si incontra anche una vetrinetta dovo sono presenti – narra il mito – alcune ossa di Sant’Orsola. Pare che in tutta Europa ci siano migliaia di ossa attribuite al corpo della santa. I parigini però mi hanno convinto: queste son quelle vere, dai…

Grigliare al tavolo, a Les Fondus de la Raclette (209, Boulevard Raspail)

Forse tornerete a casa coi vestiti insaporiti al Beaufort, ma questo posto riscalda lo spirito. Chiassoso, affollato e assolutamente non-chic, a Les Fondus (che si trova anche in Rue Joseph Dijon e in Avenue Parmentier) si possono ordinare formaggi e carni da far fondere o abbrustolire direttamente al vostro posto. Lo fate proprio voi, forchettone in mano, grazie alle piccole griglie incastrate al centro dei tavoli. La Fondue Savoyarde è forse il piatto forte: una terrina con dentro formaggio comté, beaufort ed emmenthal, sciolti insieme in una crema deliziosa con cui caricare gli infiniti crostini. La brasérade di manzo è un tagliere ricco e gustoso. Tutto decisamente invernale. Qui niente cene romantiche, mi raccomando.


Scegliere il macaron preferito, alla pasticceria Pierre Hermé (72, Rue Bonaparte)

I macaron francesi sono arrivati da qualche mese anche a Milano, dopo l’apertura di Ladurée. Prima ancora, già il pantagruelico Peck proponeva i suoi macaron ai milanesi. Ma solo a Parigi c’è lui, Pierre Hermé. Qualcuno descrive l’esercizio come la migliore pasticceria del mondo. Infatti fuori c’è la fila. Mi ci sono avventurato la mattina del mio compleanno, per festeggiare a dovere, coi migliori dolcetti in circolazione. Sara Porro su Dissapore ne ha proposto recentemente una mirata e religiosa degustazione. Non sono stato altrettanto ligio, ma il mio preferito sì, l’ho trovato. È francesissimo: macaron gusto crème brulée. Ti conquista fin dal colore, pastello tenue. Aver spazzolato gli altri senza ricordarmene troppo fa di me una brutta persona?

Prendere l’ascensore nel palazzo dei sogni (1, Rue des Fossés-Saint-Bernard)

Vicino a Pont de Sully, sulla Senna, si trova uno dei palazzi più incredibili della città: l’Istituto del mondo arabo (Institut du Monde Arabe), nato, dalla volontà di diciotto Paesi arabi e della Francia, di realizzare un luogo di studio, confronto e conoscenza della cultura araba. La struttura, realizzata negli anni Ottanta, è viva: oltre ai vetri esterni, possiede una pelle di metallo intarsiata di forme geometriche che cambiano a seconda della luce. Come tanti occhi, si trasformano creando effetti di luci e ombre diversi all’interno della struttura, richiamando le medesime atmosfere tipiche dell’urbanistica araba. Salite nell’ascensore trasparente, godetevi la perfezione dei nove piani dell’istituto (ci sono biblioteche, musei…) e infine raggiungete, in alto, il ristorante con una delle più belle viste panoramiche di Parigi. La cucina, libanese, è impeccabile e i vini sono stati fra i migliori assaggiati durante la mia vacanza. Non è economico, ma ha il merito di concedere una serata veramente piacevole, cullati in tutto, sul tetto della metropoli.

Fare amicizia a una taverna giapponese, nel quartiere Rue Sainte Anne (Rue Sainte Anne)

Tra il museo Louvre e l’Opera, si trova Rue Sainte Anne, una lunga strada che conduce all’interno di un piccolo quartiere tutto giapponese. Quando si ha voglia di sushi o di zuppe di udon, a Parigi si viene qui. L’unico imbarazzo è nella scelta del posto: sono troppi. Lo stile è quello promesso dall’esterno: puramente giapponese, spartano nelle sembianze e nei modi. Queste taverne sono tendenzialmente piccole e affollate (è il marchio parigino) e capita dunque di mangiare in un tavolo con tanti sconosciuti. È una buona occasione per fare amicizia con i compagni di cena, che sono delle più disparate zone del mondo. Hallo, salut, ciao…

Spendere poco mangiando benissimo, a Les Papilles (27, Rue d’Alsace)

Una dritta su questo posticino mi è arrivata dalla bravissima Sandra Salerno. Difficile scovarlo (neanche Google aiuta, incredibilmente). È a fianco della stazione Gare de L’Est, alla fine di una stradina senza particolari attrazioni di richiamo. Il posto si introduce senza pretese, minuto, con qualche addobbo di troppo. Umanità varia, di quella che ti aspetteresti descritta in un libro di Banana Yoshimoto. Appena si entra verrebbe da dire “permesso?”. Quattro entrées e quattro plats fra cui scegliere, coi grandi classici della cucina francese (come l’anatra, accompagnata dalle mele caramellate), firmati da una garbatissima signora. Tanta è l’arte, probabilmente, che non si vede. Ho speso ventidue euro a cena, tutto incluso. Rendo l’idea?

Passeggiare la notte nelle strade più belle, dietro Notre Dome (rue des Barres)

A scoprire le strade più belle di Parigi, da percorrere la notte, mi ci hanno portato, quasi per mano. Si parte dalla schiena di Notre Dome, passandoci a fianco, puntando alle isole della Senna. L’Ile de Saint-Louis è una delle zone più care di Parigi e non si fatica a capirne le ragioni. Attorno all’isolotto, barche. Il consiglio è di sfiorarle (passando per Pont Louis Philippe) e di andare a Rue des Barres, piccola strada, piena di silenzi e scorci incantevoli, che conduce nella zona del Marais, dove ci sono forse i migliori locali della città. Come La Belle Hortense, in 31, rue Vieille du temple: libri, vini, caffè, atmosfera.

Sentirsi in un’altra epoca, a Le Procope (13, Rue Ancienne Comédie)

Le Procope è un ristorante aperto dal 1686 (!). L’ambiente è caldo, in particolare al piano superiore, dove si trova posto fra mobili e tappezzerie d’altri tempi, come in una vecchia villa al centro della città. Buon cibo, specialmente i dolci: qui il profiterol lo servono accompagnato da una caraffa piena di cioccolato fuso (potete immaginare la gioia). Male i vini, ma l’esperienza è il giusto compromesso fra una cucina di buona qualità (pesce, manzo ed escargot le specialità) e un locale tipico, molto popolare senza essere troppo turistico. Grazie a Priscilla per la dritta!

Baciarsi a occhi chiusi, al Duc des Lombards (42 Rue des Lombards)

Un posticino coi fiocchi. Al Duc des Lombards si esibiscono i maggiori artisti del genere jazz, quando sono in visita a Parigi. La vera chicca, secondo me, spunta ogni venerdì e sabato sera. Andateci, dopo mezzanotte, quando cercate un posto che vi coccoli. A quell’ora il palco è aperto agli artisti che vogliono, liberamente, partecipare a una jam session.  Si alternano così musicisti e band diverse; le formazioni si mescolano, creando inedite collaborazioni e dando corpo a un repertorio vario, divertente e romantico. Bello baciarsi avvolti dalle atmosfere intime del Duc des Lombards. È Parigi proprio come la immagini, come la vuoi ricordare.

Di luoghi da raccontare ce ne sarebbero molti altri (la Moschea di Parigi, da visitare quando si ha voglia di sorseggiare un bollente tè alla menta; la biblioteca del centre Pompidou, dove vale sempre la pena fare la fila; Rue Poulet, la via delle parrucchiere; Rue des Rosiers, dove c’è il meglio dello street food ebraico, falafel a volontà…). Mi fermo.

So che ci tornerò. Parigi, come una Milano in grande, ha bisogno di ricerca per svelare tutte le sue suggestioni. Usate questo post come traccia su cui innestare i vostri punti cardinali… Buon 2011!

[Le mie foto di questo giro a Parigi]